La terza ora d'arte by Tomaso Montanari

La terza ora d'arte by Tomaso Montanari

autore:Tomaso Montanari [Montanari, Tomaso]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2024-03-11T12:00:00+00:00


Piacere a Van Gogh

Nel 1885 Vincent Van Gogh scrisse una celebre lettera al fratello Theo in cui esaltava un quadro del grande pittore olandese del Seicento Frans Hals, e soprattutto una certa figura: «Raramente ho visto una figura piú divinamente bella. È unica. Delacroix ci sarebbe impazzito, impazzito per sempre». Questo entusiasmo conferma magnificamente ciò che, nel Seicento, aveva scritto un viaggiatore e conoscitore francese, Balthazar de Monconys: «Hals, che a ragione viene ammirato dai piú grandi pittori». Nel suo trasporto per questo grande maestro dell’Olanda del XVII secolo, Van Gogh seguiva soprattutto le orme di Édouard Manet, il quale aveva venerato di identico culto Frans Hals e Diego Velázquez. I due artisti non si conobbero mai, ed è anzi possibile che abbiano ignorato l’uno l’esistenza dell’altro, ma le indubbie assonanze che Manet avvertiva non vanno imputate a un evanescente «spirito del tempo», quanto a una comune radice stilistica storicamente determinabile: quella caravaggesca, egualmente filtrata in Spagna e in Olanda.

Da un’iscrizione sul quadro sappiamo che il giovane modello di Hals aveva ventisei anni: posa in diagonale, e, mentre il braccio destro è puntato sul fianco, quello sinistro è sospeso nel mantello e appoggiato evidentemente sull’elsa di una spada; la testa, infine, sembra voltarsi come di scatto verso lo spettatore, appena sopraggiunto. Si tratta di un repertorio gestuale convenzionale, tratto dalla tradizione antica ma rinverdito recentemente da Rubens, uno dei pochi ponti sicuri tra i mondi mentali e figurativi dei due pittori. Se si osserva, ad esempio, il ritratto eseguito dal giovane Rubens al filosofo tedesco Kaspar Schoppe (Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti), si troverà un’identica costruzione. Ed è significativo che trent’anni piú tardi Hals senta il desiderio di riferirsi a un modello analogo, ma anche di complicarlo ruotandone di quasi novanta gradi il corpo, mentre la testa continua a guardare lo spettatore, ostentando una fisionomia solare e aperta alla vita.

Ma chi era questo giovanotto? Potremmo non saperlo mai, ed è forse proprio questo che lo rende cosí avvincente: tutto era fatto per restituirci in modo credibile quel singolo vivente, quel corpo. E ora che non possiamo piú fare il confronto, ora che di quella persona non resta nemmeno la cenere, tutta l’arte di Frans Hals diventa come un bene comune. Come se fosse una promessa d’immortalità rivolta a ciascuno di noi vivi oggi: noi che almeno una volta nella vita abbiamo avuto quella stessa espressione, abbiamo provato quella stessa gioia di vivere.



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